Psicologia delle Folle di Gustave Le Bon

1895: questo è l'anno di pubblicazione di "Psicologia delle Folle" di Gustave Le Bon. Menzionato, contestato, riletto, criticato e poi riscoperto. Recensito e studiato da Sorel, Freud, Lipmann, Weber o Bernays (su cui ritorneremo) giusto per citarne alcuni.

Dai più importanti ammirato. "Psicologia delle Folle" è un testo che letto con le lenti della contemporaneità, mette in luce la totale rinuncia della razionalità dell'individuo quando dissolto nella massa, fenomeno oggi totalizzante in un mondo iper-digitalizzato o meglio nella parola e nell'immagine sintetici.

L’opera fa emergere una realtà che come affermato da  Schumpter "tutti conoscevano ma che nessuno desiderava ammettere". Una nuova realtà "tellurica" come direbbero altri e che segnerà, da un lato, la fine delle credenze religiose, politiche e sociali e dall'altro, la nascita di nuove condizioni di pensiero completamente nuove: la nascita del diritto divino delle folle in sostituzione del diritto divino del re.

Arriviamo così a comprendere il passaggio chiave di civiltà all'homo oeconomicus e oggi alla nuova era dell'algomazione (automation, heteromation, augmentation) come direbbe Cosimo Accoto. O meglio, nel completo regno della quantità, dell’atomizzazione dividualistica. 

Per Le Bon non sarebbe giusto fermarsi a quest'edizione.

È necessario consigliare l'attenta lettura di "Come nascono le opinioni e le credenze" o "Psicologia politica" per citarne altri. Infatti l'innovazione culturale portata dall’autore, non affronta questioni eretiche o scomode ma piuttosto chiaramente radicali, nel senso che riportano alla radice, all'essenza, al profondo.

Una lettura oggi strategica per comprendere il mondo digitale e virtuale, e come questo sta ridisegnando quotidianamente il senso del reale o meglio quello che è rimasto dell'uomo.

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