Essere digitali di Nicholas Negroponte

Per chi non conoscesse Nicholas Negroponte, lo inviterei a approfondire. Esperto in scienze della comunicazione, ha fondato l'Architecture Machine Group al MIT nel 1968 e, nel 1985, il Media Laboratory. Dirigente della Motorola, nel 1993 ha cofondato la rivista Wired. Sempre attivo nel campo educativo, "Essere Digitali" è sicuramente una pietra miliare nelle edizioni di settore. E dietro l'affermazione: "Il passaggio dagli atomi ai bit, come chiamo questa evoluzione, è irreversibile e inarrestabile" si può comprendere il peso della profezia e soprattutto il peso della persona che l'ha formulata.

Da uno dei massimi esperti di interazione uomo-macchina, veniamo informati che per comprendere veramente cosa significa "essere digitali" occorre lo stesso tipo di coinvolgimento personale che solo il libro può offrire. Come fare quindi in un'epoca storica dove l'analfabetismo funzionale continua ad avanzare (si stima che il 28% della popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni sia funzionalmente analfabeta, fonte Piaac-Ocse) e le persone leggono sempre meno? Soprattutto le nuove generazioni?

Sì, "Essere Digitali" è un'edizione profetica riletta 30 anni dopo. Non lascia scampo: "Ogni tecnologia o dono della scienza ha un lato oscuro. Il mondo digitale non fa eccezione". Oppure: "L'industria dell'informazione diventerà sempre più simile alla vendita al dettaglio".

Pagina dopo pagina, nel racconto di Negroponte, si capirà facilmente che "nel mondo digitale il mezzo non è più il messaggio. È solo una sua materializzazione. Partendo dagli stessi dati si possono avere automaticamente diverse materializzazioni di un messaggio". E se ancora non abbiamo considerato questo fatto nell'era dell'iper digitalizzazione e dell'IA, il problema è esclusivamente nostro.

Infine, l'autore avverte: "man mano che si procede verso questo mondo digitale, una consistente fetta della popolazione si sentirà o sarà fuori gioco". Un monito e un gap socio-economico che spetta a noi colmare ogni giorno.

Temi che mi ricordano le riflessioni di M. Heidegger: “La tecnica nella sua essenza è qualcosa che l'uomo di per sé non è in grado di dominare. La potenza della tecnica, che dappertutto e in qualsiasi forma di impiego, incalza, trascina e avvince l'uomo di oggi, è cresciuta a dismisura e supera di gran lunga la nostra volontà e capacità di decisione, perché non è da noi che procede”. Da cui, al di là di ogni ottimismo o pessimismo, la soluzione, o forse la speranza, non è certo quella dell’interruzione del progresso tecnico o del ritorno a una qualche passata età dell’oro scarsamente tecnologizzata, bensì quella della possibilità di un nuovo incontro con il fenomeno della tecnica e del digitale, che può nascere solo mettendone in questione l’essenza.

Di "Essere Digitali", se ritrovate qualche copia di seconda mano, non perdete tempo a farvi troppe domande.

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