La crisi della narrazione di Byung-Chul Han

Ecco uno dei tanti e piacevoli saggi brevi di quel filosofo contemporaneo additato di essere "reazionario". Mi riferisco a Byung-Chul Han che ne “La crisi della narrazione” presenta la sua nuova analisi spietata del nostro tempo, dominato dalla frammentazione dell'informazione e dalla mercificazione delle storie, lo storytelling. 

Han denuncia l'erosione del significato profondo della narrazione, sostituita dallo storytelling superficiale, ridotto a un prodotto di consumo. In un'era in cui il "dato" sovrasta il "racconto", perdiamo la capacità di costruire connessioni, dare continuità temporale e attribuire un senso alla nostra esistenza.

La narrazione è più di un mezzo per comunicare: è un atto esistenziale che trasforma l'angoscia dell'essere nel mondo in una familiarità con l'esistenza. Crea legami, unisce passato e futuro, e ci permette di resistere all'alienazione (indotta dalla digitalizzazione).

Nell'era post-narrativa, il flusso incessante di informazioni frammentarie ci priva della capacità di riflettere, ricordare e costruire significati duraturi. La memoria, per Han, è il cuore della narrazione: solo selezionando e reinterpretando il vissuto possiamo creare storie dotate di un'aura di verità. 

L'autore con la sua tipica scrittura categorica, quasi lapidaria, evidenzia la deumanizzazione in atto: l'essere umano, ridotto a una somma di numeri e istanti, perde la propria dimensione narrativa e la capacità di vivere pienamente. Perde un atto curativo.

Personalmente ho letto l’intera opera dell’autore e si sa, non offre molte soluzioni, in questo caso Han invita a un ritorno alla narrazione autentica, quella che cura, connette e dà senso. Narrare, come scrive ispirandosi a Walter Benjamin, è un atto di resistenza contro la superficialità del presente: un modo per ritrovare il nostro posto nel tempo e nello spazio.

Immancabile.

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