Nuove rotte europee nell’era della predizione

AI Forum 2024 in sintesi

In un'era caratterizzata da un sovraccarico cognitivo, la coscienza umana si trova davanti ad un imponente accumulo di informazioni, spesso, quasi sempre in contrasto tra loro. Questa abbondanza di informazioni, quindi, dati, complica notevolmente il processo attraverso il quale le aziende intendono differenziare la propria identità.

Per preservare la salute mentale delle organizzazioni, si attiva spesso un meccanismo difensivo che non solo promuove il distacco emotivo, ma anche la selezione inconscia tra i numerosi stimoli. Questa selezione, spesso operante al di fuori della consapevolezza conscia dell’azienda, suggerisce che soluzioni e nuove modalità di lavoro possono rimanere occultate anche agli occhi di coloro che si ritengono. La tecnologia ed in particolar modo l’intelligenza artificiale, giocano un ruolo cruciale, offrendo uno spaccato parziale del futuro che ci attende: il ritorno dell'Uomo al centro del mondo.

Di recente abbiamo avuto il piacere di partecipare all'AI Forum 2024. Un evento organizzato dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) che rappresenta a mio parere il punto più elevato del pensiero sulle prospettive e le sfide poste dall'IA nel panorama dell'Industria 5.0 nostrano. Da questo è emerso un processo di riequilibrio che sta provocando faglie di frattura e caos e l’IA è la discontinuità tecnologica più impattante dell'ultimo decennio. Saltano i tradizionali schemi di gestione e saltano gli stessi princìpi organizzativi che hanno governato le aziende e il lavoro.

L'evento ha delineato un quadro importante di come l’Italia stia orchestrando strategie per tenere il passo con i colossi tecnologici degli USA e della Cina, amalgamando competenze e tecnologie per colmare gap esistenti.

Si è approfondito l'intero arsenale di strumenti disponibili, sottolineando attraverso "AI champions"  come questo possa incrementare significativamente la produttività e trasformare radicalmente l'esperienza cliente.

Intelligenze, verità e futuro

I temi a cui prestare attenzione sono stati veramente tanti ed è impossibile qui citarli tutti.

Sicuramente quello che è emerso in modo trasversale è la mancata strategicità e l’approssimazione con cui l’argomento viene affrontato dall’intero ecosistema imprenditoriale. Da qui l’enorme gap esistente tra PMI e grandi imprese. Si è trattato poi del cambiamento dell'organizzazione del lavoro, della sua natura e qualità, concentrandosi su come l'IA farà nascere, sostituirà e si integrerà alle 800 professioni oggi schematizzate in Italia, facendo però aumentare una polarizzazione, tra lavoro scelto (quasi sempre ad alto ingaggio cognitivo) e lavoro povero. Così come sulla necessità di comprendere che abbiamo bisogno di un'innovazione culturale più che esclusivamente tecnologica, in grado di rispondere al cambiamento in atto.

Dal punto di vista imprenditoriale e al di là dei tanti spunti tecnici, anche qui gli stimoli sono stati numerosi. Partendo dal fatto che i dati (base per l'utilizzo dell'IA) hanno bisogno di una loro sovranità e devono essere considerati un patrimonio intellettuale di ogni azienda, si arriva all'importanza che pensare realmente allo sviluppo del tessuto produttivo del nostro Paese, significa investire in trasferimento tecnologico. Di esempi in Europa ne abbiamo ma in Italia di strutturale, nulla è stato fatto e nulla, di serio, è in programma.

Sempre più la relazione tra azienda e il contesto in cui opera evidenzia tanto la dinamica attiva quanto quella passiva dell'essere organico dell’impresa rispetto al contesto tecnologico circostante. La dimensione attiva si riferisce alla capacità dell’impresa di influenzare e trasformare l'ambiente attraverso azioni che sono generalmente razionali e intenzionali, ma non esclusivamente, e che sono interconnesse con le azioni altrui. Al contrario, la dimensione passiva si manifesta nella capacità dell'ambiente di contribuire e partecipare alla definizione dell'identità dell’impresa, che, interagendo con altri, modella a sua volta quella stessa struttura. 

E mentre il cambiamento si manifesta come un fenomeno inevitabile, è altrettanto cruciale l'emergere di nuovi profili professionali, destinati a integrare o sostituire quelli già esistenti. È in questo contesto che si svolge il cruciale confronto con il cambiamento tecnologico e l'adozione sempre più estesa dell'intelligenza artificiale

È fondamentale riconoscere che l'IA non rappresenta un fine in sé, ma un mezzo. Come tale, deve essere interpretata e utilizzata in funzione delle opportunità che può generare per le aziende, le quali, se capaci di sfruttarle, potranno ottimizzare le proprie operazioni. Parallelamente, i lavoratori devono essere preparati a essere i protagonisti consapevoli di questa trasformazione. 

La sfida, oltre ad essere tecnologica e applicativa, implica la capacità di gestire i processi in evoluzione. Questa gestione inizia sicuramente con l'adempimento dei requisiti etici stabiliti dall'UE, nei quali si manifesta l'impellente necessità di un adeguamento comprensivo dei vari sistemi produttivi nazionali. In quest'epoca di cambiamenti senza precedenti, è essenziale che i decisori riconoscano l'importanza di una trasformazione fondamentale nel modo in cui percepiamo l'organizzazione delle attività di un’impresa. La partita si gioca sul campo della concertazione e della pianificazione strategica del nostro Sistema-Paese. Il dibattito si innalza su questioni di valore, di metodologia e di strategia. Ma prima di poter adottare soluzioni pratiche, è imperativo  innescare (rapidamente) una rivoluzione nella prospettiva con cui affrontiamo i problemi e valutiamo le opportunità, un cambiamento radicale che ponga le basi per un futuro più riflessivo.

La questione è troppo seria per lasciarla in balia degli “specialisti” di settore, qui si gioca una partita di civiltà che non va sottovalutata, oltreché necessita di essere portata su un piano realista, pragmatico e di avanguardia, quindi, rivoluzionario.

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