Impulso aptico
AI Festival 2025
Sapere per agire. Sapere per costruire. Questa è la sfida. Nessuno può evitarla. Le aziende meno di tutti. Il cantiere è aperto. L’accesso alla conoscenza è la prima battaglia. Utilizzarla è la seconda. Ecco che alcune riflessioni sulla nostra partecipazione all’AI Festival 2025 sono d’obbligo.
Le competenze manageriali per l’IA ridefiniscono il paradigma del potere decisionale. Il digitale si impone come linguaggio dominante. Ogni manager deve padroneggiarlo visto che le conoscenze IT ormai si sono completamente ridistribuite all’interno delle imprese, fondendosi nel tessuto stesso della leadership.
Falso positivo?
Il dato è il nuovo territorio di conquista. Ancora troppo poco discusso durante l’evento. Sottovalutato in qualche caso. Analisi avanzata, gestione di progetti digitali, marketing algoritmico: queste non sono più competenze di nicchia. Sono il fondamento di ogni decisione strategica per una sana crescita aziendale.
Per questo ogni reparto dell’impresa necessita di una formazione mirata. L’IA trasforma le modalità decisionali, ridefinisce il rapporto tra uomo e macchina. Un equilibrio fragile, costantemente in bilico tra efficienza e spersonalizzazione. Il rischio è evidente. L’automazione genera dipendenza. La delega cieca riduce il senso di responsabilità. L’essere umano diventa un semplice validatore, un esecutore passivo di previsioni algoritmiche. Questa è la deriva. Per contrastarla, serve un nuovo paradigma. L”’Explainable AI” diventa cruciale. Altro argomento troppo fuori dalle discussioni. Un’IA che giustifica. La trasparenza del modello è l’unica difesa contro la dittatura dell’automatismo. Serve un contrappeso visto che le decisioni finali devono restare umane. La lucidità strategica rimane l’unico vantaggio competitivo reale. L’educazione manageriale deve cambiare. Serve formazione avanzata, concreta, adattata al nuovo contesto. Il territorio dell’evento, tranne in pochissimi interventi in questo caso è restato ancora una volta tattico ed esecutivo e con una visione polarizzante. Bisogna comprendere i limiti (geoeconomici) dell’IA, individuare le zone d’ombra, sviluppare un pensiero critico capace di resistere all’omologazione digitale. L’IA può aumentare il potere decisionale o cancellarlo del tutto. Il confine è sottile.
Bisogni e desiderio
L’AI Festival 2025 ha portato sì a galla startup, storie, esperienze e alcuni casi studio. Benissimo. Vetrine però senza una strategia di intelligence economica condivisa e ben più ampia. La tecnologia non si celebra, la si utilizza. Il mercato premia non chi parla ma chi investe. Governance e produttività sono così parole vuote senza azione. Lo dimostra il dato che solo il 5% delle imprese italiane usa l’IA in ambito produttivo. La media UE è all’8%. Danimarca e Finlandia superano il 15%. L’Italia è al ventesimo posto su ventisette. Un disastro. L’Europa resta comunque irrilevante. Senza capitali, senza infrastrutture, senza una visione comune. Ventisette regolamenti diversi, ventisette freni alla crescita.
Il dibattito sulla privacy è l’ennesima illusione. La domanda giusta non è se condividere i dati per il bene collettivo. È chi controlla quei dati e a quale scopo. Alessandro Brusadelli lo dice chiaramente: senza un flusso di dati massivo, l’IA perde potenza. Ma allora chi decide il compromesso tra privacy e sviluppo economico oggi? La risposta è scomoda: chi ha la forza di imporlo.