​#Ibridocene - La Nuova Era del tempo sospeso di Paolo Iabichino

Paolo Iabichino merita sempre un'attenta lettura. Non solo per la chiarezza espositiva e organizzativa dei contenuti ma soprattutto per quella capacità di evidenziare segnali non tanto preventivi, quanto caratteristici.

"#Ibridocene - La Nuova Era del tempo sospeso" è un chiarissimo segno dell'epoca attuale in cui viviamo.

129 pagine che fanno riemergere titani.

Non solo per il titolo, a dir poco azzeccato nella sua costruzione, quanto nell'etimo. Si parla di "bivio antropologico", e si continua sul tema del "linguaggio" come "nuovo modo di stare sul mercato e di fare comunicazione".

Ma l'elemento chiave di quest'opera, a cui consiglio un'attenta lettura (necessariamente acritica e apolitica), non è il semplice evidenziare nel dettaglio il punto della situazione raggiunta dalla tecnologia e il suo chiaro rimando ad un mondo ormai phygital, o al ricordare al lettore la situazione di una Generazione Z "che non obbedisce più alle dialettiche di genere", quanto vorrei riportare al centro l'argomento e il rapporto tra uomo e la Tecnica (di Jungeriana memoria), ormai grandiosamente portata a dogma.

In #Ibridocene non c'è nulla di scontato.

Per questo ringrazio Iabichino che ricorda l'anarchico (e veramente così ingenuo?) Tim Berners-Lee, o il concetto di "La Rete siamo noi", quando è ormai orwellianamente palese di quale sia la situazione oggi e di come la sua Tecnica abbia portato l'unificazione globale con i suoi automatismi e dispotismi in grado di uccidere ogni libertà alla radice.

Interessante ma forse superficiale al lettore, quanto riportato nel capitolo "Lust for onlife" dove si esorta a imparare a risposizionarsi, "dobbiamo adottare la tecnologia alla vita umana, e mai (mai, proprio mai) il contrario", chiudendo con "occorre studiare questa rivoluzione e poi scegliere, finalmente, da che parta stare". Si vuole delineare i tratti di un presente distopico? Riposizionarsi a "nuovi atteggiamenti" per Essere o diventare cosa? Mancano i riferimenti.

Temo ad una falsificazione del linguaggio, a cui non darei nessun colpa all'autore (anche se in grado di esercitare un'effettiva influenza sulla mentalità di settore), quanto caratteristica della nostra epoca, abituata alla sovversione o ai fischi per fiaschi.

In sintesi

Non ho dubbi sull'efficacia economica portata dal dominio tecnologico, infatti il suo fine è esattamente la Quantità, non la Qualità, va enormemente riconosciuto e tenuto presente. Sarebbe come non riconoscere lo spirito simbolizzato da Prometeo, il titano che sottrasse agli dei il fuoco del cielo, per dare agli uomini la conoscenza e il dominio del mondo.

È solo necessario ribellarsi contro l'uso aberrante ed errato che troppo spesso se ne fa del digitale, non conoscendone i vari principi ma soprattutto le linee guida che lo regolamentano nel profondo (per quanto avvenuto consiglio la lettura di The Hype Machine di Sinan Aral).

Su #Ibridocene va dato atto di questo: essere un manuale eccellente per una collana degna dello stesso aggettivo, attualissimo, non profetico, solo estremamente diagnostico del Caos (tecnologico) che ci circonda, a supporto di un individuo ridotto in senso letterale, non ancora padrone e semmai schiacciato (scusate la ripetizione) dalla tecnica e che necessita costantemente di una de-formazione più che una formazione per inseguire costantemente la "nuova anormalità".

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