Daniel Casarin

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Posizione netta

Dopo anni caratterizzati da pesanti influenze straniere e da un declino dell'autorità statale nei settori chiave, è innegabile il panorama italiano: siamo in caduta libera quanto nessun altro popolo civile. Tutto questo senza renderci conto che ogni nuova epoca storica impone una differente ampiezza di confini e di spazi vitali, tra affermazioni di minoranze lobbistiche e l’aggressione di corporazioni all’economia.

In questo scenario ritroviamo gli imprenditori italiani, penalizzati e limitati dal sistema finanziario e da una politica incerta e incapace. Questo ha portato a un approccio più cauto nell'investimento, con una tendenza a cercare sicurezze finanziarie sia a livello nazionale che europeo. Un approccio completamente ignoto altrove.

In questo contesto, emerge chiaramente la necessità di un cambiamento e di un nuovo approccio per stimolare la crescita e l'innovazione in un'epoca di continua trasformazione digitale. Epoca che ha drasticamente ridotto la durata della vita utile delle competenze, che ora è meno di cinque anni per la maggior parte dei settori, e persino di due anni e mezzo in ambiti tecnologici. Questo scenario implica che per milioni di lavoratori, un semplice aggiornamento delle competenze non basta.

Idee, movimento, futuro

Le tecnologie emergenti non solo automatizzano attività ripetitive e manuali, ma stanno anche iniziando a svolgere lavori complessi basati sulla conoscenza, come la ricerca, la programmazione e la redazione di testi. Questo pone sfide senza precedenti in campi che una volta sembravano immuni a tali cambiamenti.

Per rispondere a queste evoluzioni, numerose organizzazioni, principalmente corporazioni, stanno investendo massicciamente nel potenziamento delle competenze dei propri dipendenti, creando grande gap con le PMI. E non dimentichiamolo: nei prossimi decenni, la riqualificazione completa di milioni di lavoratori diventerà una necessità, rappresentando una sfida sociale di enorme portata.

Alcune aziende sono riuscite ad intraprendere passi significativi in questa direzione. Tuttavia, questi sforzi incontrano ostacoli, principalmente la difficoltà nel misurare e valutare l'efficacia delle azioni intraprese, e la mancanza di dati su come espandere e ottimizzare i programmi di formazione e riqualificazione. Per stare al passo con i rapidi cambiamenti tecnologici, è cruciale sviluppare approcci che permettano un apprendimento sistematico, organico, rigoroso e sperimentale a lungo termine. Solo così la rivoluzione del “reskilling” potrà decollare con successo.

I programmi di formazione richiedono un significativo investimento: tempo da parte dei partecipanti e risorse economiche da parte delle imprese. La gestione di questi programmi sarà sempre più legata alla capacità di gestire i rischi ad essi connessi in modo proattivo, per garantire un apprendimento efficace e sostenibile, e pesandone il potenziale costo collaterale: sempre più elevato ogni giorno che passa.