Daniel Casarin

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Oltre la trasformazione digitale?

Nell’attuale post-modernità la rivoluzione digitale non ha una fine, il segreto della sua eterna giovinezza, o meglio la sua “benedizione”, come ricorda Gabriele Balbi, sta proprio “nell’instabilità e nella capacità di rinnovarsi.

Definizioni, datazioni e addirittura nomi della rivoluzione digitale sono incerti o, meglio ancora, adattabili e flessibili. La rivoluzione digitale è camaleontica, sa adeguarsi agli usi e alle mode del momento e adottare temporalità e brand inediti (ma in fondo sempre uguali).

Nomos del digitale in azienda

Continuando con Balbi “la rivoluzione (e in specifica misura per le aziende: la trasformazione- NdE) digitale, è una sorta di religione secolare che richiede fiducia nel futuro e ottimismo, e questo ottimismo deve essere militante: in altri termini, deve contribuire a divulgare il verbo della rivoluzione.”

Per le aziende italiane comprendere in profondità e cercare di cavalcare questo flusso non è una scelta. Affermazioni scontate? Direi di no. È un mondo composto da moltitudini di PMI quasi sempre pigre e deboli. Un’immensa distesa di schiene ricurve su cui può marciare un rullo compressore distruttivo. Rullo azionato proprio da chi queste dinamiche in parte le governa e in parte soprattutto le utilizza intuendone la forza comprendendone l’influenza.

Come ben Martin Heidegger ne - L’Abbandono - seppe affermare: “Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo”.

Tuttavia per quanto la trasformazione digitale necessiti di un cambio di mentalità, non è sufficiente limitarsi a riconoscere la velocità di cambiamento, la portata dell’innovazione, delle nuove responsabilità derivanti dallo sviluppo e dall’adozione delle tecnologie digitali e di processo.

Per esperienza diretta, posso aggiungere che molte organizzazioni non prendono quasi mai in considerazione l’indole più profonda delle trasformazioni in atto, la sua ideologia neoliberale. Trasformazioni che per sua natura non possono essere rilegate in un arco temporale preciso, vi è sempre un’ulteriore trasformazione che segue ed è influenzata da quella in atto. Ad esempio come ho ribadito più volte negli ultimi anni, la digitalizzazione gioca un ruolo fondamentale nella cosiddetta rivoluzione verde, tra tutto quello che ne consegue della sua ipocrita ideologia turbocapitalista o della sua reazione nel primitivismo (o anarco-primitivismo).

Sistemi, non tecnologie

L’effetto farfalla di cui tratta la matematica caotica e che tanta importanza assegna alle microvariazioni, è la regola base su cui si edifica oggi il mondo e di cui la trasformazione digitale ne è uno dei pilastri. Senza dimenticare che l’attuale Sistema neoliberale ha compreso da decenni che limitando l’accesso al know-how tecnologico sarebbe stato possibile intraprendere facilmente un fattivo controllo sociale ed economico.

In ogni caso, queste trasformazioni che possono essere percepite con dei confini ben definiti, nella realtà dei fatti non sono in alcun modo delimitate. Si ripercuotono per decenni e generazioni, sollecitando ulteriori trasformazioni.

Quindi come prepararsi aziendalmente al cambiamento, drastico o delicato che sia? Come adattarsi? È importante essere in grado innanzitutto di affrontare lo scenario che si aprirà in seguito alla trasformazione digitale e alle numerose ripercussioni generate. 

Per questo è necessario iniziare creando una cultura del cambiamento.

Per essere versatile e dinamica, pronta per qualsiasi trasformazione in cui la tua organizzazione possa trovarsi, devi preparare il maggior numero di aree possibili. Devi dare importanza alla necessità di saper rispondere al cambiamento.

L’informazione è il presupposto dell’organizzazione. L’informazione è la linfa vitale dell’istituzione produttiva aziendale moderna che si struttura intorno ad un elemento dato e preciso e tipizzato dai diversi decisori dell’ecosistema aziendale.

Il carattere di alta densità informativa attualmente in circolazione con il rapidissimo susseguirsi di contenuti seduttivi e di micronarrazioni, genera facilmente perdita di attenzione, mancato focus sugli obiettivi da raggiungere e quasi sempre distonia comunicativa.

Come poter superare questi ostacoli? 

Partendo dallo studio delle dinamiche comunicative, adoperando strumenti  e  in particolar modo lavorando sulla cultura aziendale.

Supponiamo che la tua cultura aziendale (reale e non quella dichiarata) sia orientata a mantenere lo status quo. Questo renderebbe difficile per non impossibile attuare qualsiasi cambiamento. È necessario quindi partire immediatamente da questo punto.

Per trasformare la tua azienda affrontando dei cambiamenti (che arriveranno nonostante tenterai di resistervi), dovrai creare una cultura che sia in grado di supportarli. Dovrai radicare nel DNA della tua organizzazione l’abilità di cambiare, attraverso la leadership dell’executive aziendale così quella dei responsabili e via via a tutte le aree. Il marketing e il reparto commerciale per questo sono due aree strategiche che possono (o meglio potrebbero) supportare questo cambiamento.

Come creare una cultura del cambiamento?

L’elemento più importante per creare una cultura che supporti il cambiamento, è la consapevolezza e l’allineamento.

Una citazione attribuita al noto scritto cyberpunk William Gibson recita: “Il futuro è arrivato, solo che non è ancora distribuito in modo uniforme.” Ogni persona nell’organizzazione dovrebbe sapere dove l’azienda è diretta e come ci arriverà, qual è la strategia e qual è il ruolo del singolo. Infine il personale dell’azienda dovrà essere in grado di comprendere in maniera chiara sotto una prospettiva olistica i propri clienti.

Una volta raggiunto un adeguato livello di allineamento all’interno dell’azienda, risulterà più semplice adattarsi velocemente e rispondere alle evoluzioni del mercato. A questo punto le  aziende a maggior intensità in termini di trasformazione digitale tende a promuove il racconto del futuro della rivoluzione digitale portandolo sul presente e dandogli una valenza simbolica ben precisa, almeno in termini di comunicazione strategica.

Si può perfezionare la cultura aziendale e:

Sviluppare capacità di “core transformation”

In maniera anche subdola, si è verificato un fenomeno di portata antroplogica del quale in molti non hanno ancora afferrato a pieno il significato: la creazione di un nuovo paradigma nei rapporti interpersonali attraverso la trasformazione digitale. Una ridefinizione della cartografia sociale che contribuirà ulteriormente in molte imprese al deterioramento della forza lavoro. 

L'acquisizione di tecnologie costerà alle imprese in tutto il mondo oltre 4,4 trilioni di dollari quest'anno, con una spesa prevista del 25% per la trasformazione digitale e altri 700 miliardi di dollari per l'implementazione di applicativi. 

La digitalizzazione è lo strumento che esaspera tensioni già esistenti tra interessi economici, politici e sociali divergenti. In questo scenario le aziende di maggior successo si trovano costantemente a dover affrontare il cambiamento apparentemente senza traumi approfittando spesso di grandi opportunità. Ma come è possibile?

Le sole leve (in)formative non bastano. Si tende a considerare le innovazioni tecnologiche relegate a reparti. La nuova scala con cui dovremo confrontarci, pone nuove sfide, prima fra tutte quella di progettare e attivare capacità chiave che permettono alle organizzazioni di affrontare e guidare le trasformazioni senza ripercussioni:

Strategia

Creando una strategia che includa l’intera organizzazione, in modo che siano d’aiuto nel comprendere il loro futuro cliente. Ogni persona coinvolta conosce esattamente come sta contribuendo alla vision, capisce chiaramente qual è il suo contributo e la sua importanza, all’interno di un quadro di investimento e strategico decisionale che supporti la classificazione, conservazione, distribuzione e analisi di flussi di dati.

La futura strategia (che ha come abbiamo visto un forte impatto sulla customer experience) sarà così caratterizzata da una leadership di governance che rifletta su “cosa si sta governando e perché”.

Da questa considerazione emergono queste prime sette domande che ritengo fondamentali e alle quali in un modo o nell’altro bisogna rispondere per gestire efficacemente le opportunità e i rischi della trasformazione digitale:

  1. Quanto sono efficaci i responsabili nella valutazione e implementazione di nuove tecnologie per l'aumento della competitività e la crescita?

  2. In che modo le dinamiche e gli effetti dirompenti della trasformazione digitale impatteranno sulla cultura aziendale e quali nuovi ruoli e opportunità potrebbero generarsi?

  3. Quali aree operative possono trarre maggior vantaggio dalla trasformazione digitale in azienda? 

  4. Quali sono i meccanismi che possono garantire che la trasformazione digitale riduca anziché aumenti le disuguaglianze in termini di reddito e benessere all'interno dell'organigramma aziendale?

  5. Quali sono i maggiori ostacoli ad un'efficace trasformazione digitale dell'impresa?

  6. Che cos'è necessario affinché i responsabili abbiano successo nel rinnovamento organizzativo e nella reinvenzione dei processi?

  7. In che modo lo sviluppo di competenze e i modelli occupazionali vengono attivati nell'organigramma aziendale?

Sperimentazione

Mettendo alla prova le osservazioni riguardanti i futuri acquirenti e chiedendosi continuamente se le considerazioni che emergono da questi siano corrette. In particolar modo per l’imprenditoria, la priorità dovrebbe essere quella di comprendere le opportunità offerte dal digitale sull’esperienza cliente e la realizzazione continui di esperimenti per sviluppare o adottare nuove modalità di lavoro che considerino l’impatto su lavoratori, clienti e comunità. La sperimentazione nasce in una leadership della governance nel contesto attuale che vuol dire sperimentare sistemi di governance innovativi, agili, adattabili e pionieristici. Ma la fase di sperimentazione non termina qui. La leadershp tecnologica richiede (capacità di) collaborazione con i numerosi diversi partner esterni in numero via via crescente (aziende, centri studi, istituti accademici di vario genere) e in linea generale con organizzazioni provenienti da settori (anche) radicalmente diversi che servono a fornire prospettive, approcci ed un accesso al mercato diametralmente opposto.

Scalabilità

Una volta aver compreso cosa funziona, il cambiamento viene esteso all’intera azienda, creando e adattando i processi in modo da supportare la trasformazione. In questo caso è importante chiedersi come poter apprendere, integrare e inserire il cambiamento nell’organizzazione. Questa fase implica che i modelli da cui si crea il business case debbano essere altamente efficienti per distribuire reale valore e innovazione tra i clienti (prima tra gli esistenti) e incrementarlo nel contesto mano a mano da una categoria di prodotti o servizi all’altra.

Espansione

Lanciando nuove modalità di lavoro, vengono abbandonate le precedenti e qualsiasi altra cosa non funzioni più (che potrebbe avere a che vedere con i clienti, l’azienda, i dipendenti, i fornitori, i partner, la supply chain, l’ambiente, la comunità e la società). Vengono previsti, progettati, mappati e testati nuovi processi e nuove procedure per affrontare la situazione in maniera aperta e trasparente, assicurandosi che le persone vengano trattate nel giusto modo, ricevano formazione, e gli siano fornite nuove opportunità sia internamente che esternamente all’azienda. 

Quando viene adottata una prospettiva olistica per approcciarsi al cambiamento, si ottiene la libertà di portare grandi idee nei luoghi in cui vengono prese le decisioni. Si è portati ad abbracciare nuove opinioni. Risulta facile sintonizzarsi con il proprio team per riuscire ad accogliere i nuovi cambiamenti con entusiasmo, ed è questo è il modo in cui un’azienda si dovrebbe porre per riuscire a trasformarsi facilmente ancora e ancora.

Alla fine ma anche in principio

Sul lungo termine vanno considerati attentamente i seguenti elementi:

  1. Considerare l’impatto sistemico delle tecnologie all’interno dell’organizzazione

  2. Considerare il futuro che si vuole creare per la propria impresa in relazione alle capacità da sviluppare

Un impegno forte verso i valori sociali può diffondersi all’interno dell’organizzazione e fornire un obiettivo a tutti coloro che vogliono contribuire positivamente alla propria comunità attraverso il lavoro e avere un impatto sulla reputazione dell’organizzazione sia all’interno che all’esterno.

Spigolature

L’obiettivo di fondo è quello di rifuggire qualsiasi elemento mimetico che spinge verso una maggiore omogeneità i sistemi economici aziendali. La questione è che si costituisca in ogni organizzazione una minoranza forte, compatta, educata, inizialmente autoreferenziale, che sia in grado di padroneggiare completamente il nuovo digitale senza essere da questo influenzato.

La digitalizzazione ha azzerato la distanza che separa l’utente più o meno professionista dall’informazione, disconnettendo qualsiasi ipotesi di interfaccia che leggesse e rendesse intellegibile per il singolo, il dato acquisito. La trasformazione digitale di conseguenza ha generato l’overdose di comunicazione e l’individuo come cellula dell’organismo aziendale, partecipe di tutti i flussi dinamici del linguaggio, non può più discernere l’utile dall’inutile.

Vivere in un’era di profondi cambiamenti tecnologici implica la responsabilità imprenditoriale di agire. Ancora ci è difficile da comprendere appieno ma più le tecnologie e le infrastrutture tecnologiche e digitali si consolidano, maggiore è il numero di impieghi (oltre che di abitudini) che si generano automaticamente. La conseguenza diretta sarà la difficoltà successiva ad armonizzare il sistema in maniera tale che a beneficiarne sia l’intera organizzazione. 

La velocità e la portata della trasformazione successiva non permetterà all’imprenditoria italiana di muoversi in ritardo. È necessario creare standard e pratiche di condotta utili per una forza lavoro caratterizzata sempre più da abilità (da sviluppare e aggiornare) risultanti da intelligenza umana, creatività, automazione, intelligenza artificiale e da un contesto virtuale e aumentato complesso da gestire quanto quello reale.

Pensiero creativo o mera esecuzione?

Mano a mano che la complessità avanza, è naturale considerare fallimentare il tentativo di modellare i sistemi politici aziendali a priori. Ma attraverso l’impiego di tecniche e principi propri dell’approccio che mette al centro la persona, il pensiero creativo può aiutarci a comprendere le strutture che possono governare al meglio le aziende italiane ed europee del futuro e così in che modo le tecnologie possono dare vita a nuove configurazioni strutturali. 

Un’evoluzione costante significa riuscire a rimanere agili e creare strategie aziendali che riescano a spostare l’ago della bilancia verso nuovi obiettivi. La digitalizzazione è flessibile, mutevole, plasma la carne e la mente e la sfida per ogni azienda è quella di saperla dominare.

Se si riuscirà ad attivare questi elementi all’interno del DNA dell’azienda, sarà possibile affrontare con successo qualsiasi cambiamento che i clienti, l’industria o il mondo presenterà sulla propria strada.